domenica, marzo 01, 2009

Il mito per spiegare la storia e la storia mitica che non esiste.


Sto tentando ancora di mettermi nei panni di chi non la pensa come noi, e che porta avanti il baluardo del tornaconto economico e di immagine, che le “mitiche” statue di Monti Prama avranno una volta esposte al G8, e sto provando ad eliminare tutta la patina ideologica, e sto cercando di pensare solo a questo miracoloso tornaconto economico e di immagine che l'isola dovrebbe avere in seguito dell'esposizione delle Statue "sconosciute".
Bè, sarà per deformazione professionale, ma non riuscendo a intravedere questa macchina economica che si muove intorno alle statue, mi è venuta in mente solo una cosa: una cosa banale, forse stupida, ma che mi fa ridere e poiché abbiamo necessità di ridere (lo dicono anche i premier!) e noi sardi in particolar modo, di ricominciare a sorridere, proverò anche io a farvi sorridere.
É da qualche mese che ripenso a quando ero ancora al Liceo e a quante volte si sia ripetutamente parlato di mito e storia, di storia e mito, e sarà che le statue di Monti Prama sono impregnate di miti, che mi è venuto da ripensare al Liceo.
Allora, a 14 anni lo vedevo come un concetto barboso e assolutamente inutile...
Infatti, che ci fosse la lezione di greco, che ci fosse la lezione di latino, di filosofia, epica, storia o italiano, qualcuno faceva riferimento a questo magico concetto del mito e della storia, e il dramma è stato che ce lo siamo portati avanti per 5 anni di liceo...
E tale blocco concettuale era uno dei nodi portanti di tutta la programmazione scolastica: ovvero gli studenti dovevano essere in grado di acquisire e comprendere la differenza tra storia e mito.
Addirittura, mi ricordo che esisteva un libro di epica che credo si intitolasse “Dalla storia al mito, dal mito alla storia” con una trentina di pagine su un centinaio in totale, che cercava di spiegare a te, studente 14enne o 16enne, quale fosse la differenza tra storia e mito e tutti gli escamotage di questo affascinante blocco concettuale.
Ne è prova, che, una volta iniziata la 1° Liceo e le lezioni di Filosofia, anche chi studiava di meno era pienamente a conoscenza delle storielle utilizzate da Platone nei suoi dialoghi, chiunque sapeva raccontare il Mito della Caverna, il Mito del Sole, il Mito di Atlantide nel Crizia e così via.
Anche chi aveva ripetutamente 2, rimaneva affascinato e ricordava il racconto del mito: forse per via della sua facilità o per via della sua “storiella”, che sembrava quasi banalizzare colui che poi sarebbe diventato uno dei più grandi pensatori per il mondo Occidentale.
Ma chiunque, tra gli studenti, era a conoscenza (e lo è tutt'oggi!) del fatto che le interrogazioni di Filosofia non avrebbero mai avuto alcuna domanda che iniziasse con “Raccontami il mito della Caverna...” o “Raccontami il Mito di Atlantide...” e che tale domanda, qualora ci fosse stata, avrebbe celato in sé l'esposizione di quella che era la metafora del mito in ogni suo singolo particolare.
Certo noi ci auguravamo nei nostri sogni che ci venisse richiesto di raccontare uno dei miti, e che dopo aver esposto “le favolette platoniche” in ogni singolo particolare come se fossimo aedi, l'insegnante ci stringesse la mano e ci dicesse: “Bene, ti metto 8 puoi andare a posto”.
Ma così funzionava solo nei nostri sogni, nei nostri miti.
La realtà era che, una volta all'interrogazione, provavamo in tutti modi ad esporre per filo e per segno il mito, ma dopo 5 minuti arrivava immediata l'interruzione, che esordiva con un sorriso compiaciuto e con: “Bene, vedo che la storiella la conosci, ma poiché questa è un'interrogazione di filosofia e non di “fiabologia”, poiché il mito platonico è uno strumento che Platone usa per spiegare il suo pensiero, saresti in grado di dirmi che cosa potrebbe rappresentare Atlantide nella mente di un cittadino Ateniese del V secolo?”
E lì, davanti alla solenne domanda, nelle nostre teste si affastellavano i mostri della 1a Liceo Classico, tutti insieme danzavano confusamente i protagonisti del V sec., come in un girone dell'Inferno, e quel V sec. creava tanto di quel terrore da portare gli studenti a dire le più grandi cazzate all'interrogazione di filosofia.
E ricordo, come se fosse ieri, una di quelle risposte incredibili, mitiche, trascritte alla fine del libro...che diceva più o meno così: “Bè sicuramente il fatto che ad Atlantide non ci fosse la proprietà privata, ha indotto gli abitanti ateniesi ad appoggiare il pensiero comunista e far nascere la rivoluzione!”
E davanti ad una simile sparata, l'aula riecheggiava di risate e l'insegnante più frustrata che mai, rispondeva: “La rivoluzione d'ottobre la vedrai tu a casa tua, quando ad Ottobre del prossimo anno ti ritroverai nuovamente in 1a Liceo, vai a sederti, e per la stupidaggine ti pigli 2!”
Ecco come si concludevano i miti platonici nei Licei Classici degli anni '90, con una realtà che tanto si discostava da Atlantide...
Sarà che siamo tornati indietro e che sempre di più dobbiamo avvalerci del “mito” per spiegare le nostre storie, anche a me è venuto in mente un “mito”.
Ma sia ben chiaro che a me è venuto in mente per spiegare le mie ragioni, non per mascherarle di dogmatica verità, come qualcuno in questi ultimi anni ha fatto con Atlantide e non per dire che queste diaboliche Statue di Monti Prama siano opera di un fabbro platonico che viveva ad Atlantide prima dello Tsunami!
No, no, sia ben chiaro, il mio mito, che poi è una metafora, vuole solo far sorridere e riflettere.
Bè, perché se avessi voluto parlare di dogmi, alla fine della 1° Liceo Classico avrei avuto Filosofia a Settembre (e credo che chi ha paragonato la Sardegna ad Atlantide nel 2003, non era tanto forte al Liceo...)
Vi espongo il mio mito o la mia metafora, chiamatela come vi pare!
"C'era una volta un bambinello povero, ma era uno in gamba, figlio di Dio addirittura, solo che era così povero che è nato in una grotta al freddo e al gelo...
La sua nascita fu così famosa da essere conosciuta anche lontano, lontanissimo, tanto da spingere tre Re, che venivano da una terra mitica e lontana, a portargli in dono oro, incenso e mirra
".
Adesso vi svelo la metafora del mito.
Immaginiamo che il bambinello rappresenti i potenti del G8 (lo so c'è un'incongruenza perché quelli sono ricchi e il bambinello era povero, ma allo stesso modo i potenti della terra si sentono figli di Dio per via del loro potere) e immaginiamo che, i Tre Re venuti da lontano siano tre sardi e che i tre doni siano tre statue di Monti Prama: Efis (oro), Gavino (incenso) e Baroreddu (mirra).
In fondo, i sardi che vogliono omaggiare il bambinello con le statue, si sentono Re della loro terra mitica, come mitica è la terra dei re della storia, e le tre statue hanno per questi tre sardi il valore di oro, incenso e mirra.
Adesso io mi chiedo: chiunque di noi abbia mai sentito la storia del bambinello e dei re, sa dirmi che fine fecero l'oro, l'incenso e la mirra?
Qualcuno ha poi mai letto che questi straordinari doni siano stati in qualche modo fatti circolare come beni di straordinaria bellezza? Sembrerebbe che questi beni siano scomparsi nella storia del bambinello.
Infatti, nella storia vera, il bambinello diventa grande e sempre più ricco (di spirito santo e non di panfili naturalmente)...Ma dei tre beni non se ne sa più nulla! Scomparsero la notte del 7 Gennaio!
Che fine fecero quindi l'oro, l'incenso e la mirra? E che significato ebbero per il bambinello?
Possiamo ipotizzare che i genitori del bambinello li abbiano offerti ai pastori venuti in adorazione... ma la storia non ci racconta un episodio simile. Oppure possiamo pensare che i beni siano stati utilizzati per finanziare opere di bene... Neanche! La storia non ci dice nulla del genere.
O forse i tre re se li riportarono a casa e dissero ai loro sudditi “Vi abbiamo riportato lo spirito santo!”. Già mi immagino i cittadini della terra dei re che sotto i baffi dicono “Abà zi magnemmu lo spirito santo?”(trad. “Perché ci nutriamo di Spirito Santo?”) Ma, lasciamo perdere o scado nella blasfemia...
La realtà è che i beni arrivarono nella grotta e poi non se ne seppe più nulla.
I tre re tornarono a casa loro pieni di Spirito Santo e chi si è visto si è visto.
La differenza tra il mito e la nostra realtà è che se anche i re (i sardi) portassero al bambinello ( i potenti del G8) i tre doni (le tre statue), i nostri re non tornerebbero a casa pieni di spirito santo, e di certo i loro doni faranno la fine dell'oro, dell'incenso e della mirra...scompariranno nella storia, perché si è dato loro un valore economico e non si è colto il loro reale significato...metaforico!
Chiedo scusa per lo sfogo disordinato dei miei pensieri...
Ditemi cosa ne pensate, in fondo è meglio questo di mito che quello di Sardegna e Atlantide, no?