Le impronte dei bimbi rom
e il silenzio della Chiesa
di FRANCESCO MERLO
A Maroni vorremmo suggerire di prendere le impronte delle mani (e dei piedi) ai neonati cinesi di Milano, che sono già, notoriamente, tutti ladri di identità. Inoltre, per coerenza, potrebbe impartire l'ordine di misurare la lunghezza degli arti ai bimbi di Corleone che crescono (si fa per dire) con il 'criminal profiling' di Totò u curtu. Ed è inutile spiegare a un pietoso uomo d'ingegno come il nostro ministro degli Interni che i minori dell'agro nocerino sarnese e della piana del Sele andrebbero - per proteggerli, badate bene! - sottratti alla patria potestà e affidati alla Dia o, in subordine, allo scrittore Roberto Saviano. E contro il bullismo nelle scuole cosa ci sarebbe di meglio che prendere le impronte, al momento dell'iscrizione, anche ai genitori che sono sempre un po' complici? Ecco, preferiamo mostrarvi il lato grottesco di questa proposta perché sappiamo bene che Roberto Maroni, credendo di essere astuto, lavora per provocare i nostri buoni sentimenti, e dunque non vogliamo cadere nella sua rozza trappola e farci rubare i pensieri. Insomma a noi viene facile assimilare il bambino ai deboli, agli sfruttati, a tutte le altre vittime dell'umanità adulta. Ma contro l'indignazione i leghisti sono bene attrezzati. Dunque rispondono rinfacciandoci la paura della gente, agitano il valore della sicurezza, e ci eccitano perché vorrebbero che in risposta al loro razzismo scomposto noi santificassimo i rom, negassimo qualsiasi rapporto tra campi nomadi e criminalità, tra immigrazione e delitti. E invece non è in difesa dell'accattonaggio, né per esaltare la presunta bellezza esotica e imprendibile della zingara Esmeralda che protegge il povero gobbo di Notre Dame, non è insomma in nome della retorica rovesciata dei miserabili che noi diciamo a Maroni che prendere le impronte digitali a bimbi rom è un segno di inciviltà razzista, che neppure ci sorprende perché non è il primo, non è l'ultimo e purtroppo non sarà neppure il peggiore. Il punto è che, insieme con l'ossessione di Berlusconi per la Giustizia, in questo governo c'è anche l'ossessione leghista per la sicurezza. Ma una cosa è il problema e un'altra cosa l'ossessione. Ebbene, incapace di risolvere il problema che lo ossessiona, Maroni vorrebbe che, per reazione, noi negassimo il problema. Invece noi gli ricordiamo che già il suo predecessore, il mite Giuliano Amato aveva segnalato che in tutte le comunità criminali sta crescendo, anche in Italia, l'uso orribile dei bambini. Ci sono, per esempio, le baby gang. E il libro Gomorra racconta di ragazzini utilizzati nelle vendette trasversali. E in Calabria sono in aumento gli omicidi compiuti da killer ragazzini pagati solo poche centinaia di euro. Ma che facciamo, ministro Maroni, schediamo tutti i bimbi calabresi? Ecco perché non merita i nostri buoni sentimenti, il ministro Maroni. Perché non è vero che in Italia c'è un dibattito tra rigoristi cazzuti (loro) e lassisti rammolliti (noi). Maroni non c'entra nulla con il dibattito europeo, difficile e importante, tra il rigore e l'accoglienza. Nei Paesi più civili d'Europa la sicurezza, la serietà e la responsabilità non sono valori di destra. I socialisti francesi e spagnoli, i socialdemocratici tedeschi, i laburisti inglesi e, aggiungiamo, anche i sindaci italiani di centrosinistra hanno maneggiato con durezza l'argomento dell'immigrazione irregolare e della criminalità. Ma senza sparate comiziali, senza colpi di teatro razzisti, senza i paradossi, gli ossimori e le miserie culturali dei leghisti che - come dimenticarlo? - sono quelli che chiamavano gli immigrati di colore bingo bongo, che parlavano di musi di porco e teste scornificate, che invitavano la Marina "a sparare sulle carrette dei clandestini", e denunziavano l'Europa "in mano ai massoni, agli ebrei, ai musulmani e alle mafie degli immigrati". Perché dunque dovremmo stupirci che, arrivati al governo, vogliano prendere le impronte ai bambini rom? Da anni, ad ogni elezione nelle valli padane, i leghisti affiggono manifesti "giù le mani dai nostri bambini" appropriandosi appunto del vecchio pregiudizio razzista sul misterioso popolo dei ladri di neonati, agitando la leggenda della corte dei miracoli. Si sa che in tutta l'Europa centrale, che registrava il tasso più alto di popolazione zingaresca, per ben tre secoli decreti e leggi furono emanati per "liberare" i bambini degli zingari dai loro genitori naturali, sino alla soluzione finale nazista e dunque all'internamento di adulti e pargoli. Ne furono sterminati più di cinquecentomila. Ebbene, oggi nel rilancio dell'antico pregiudizio con in più la certezza che i bambini rom non siano bambini ma complici, solo criminali in miniatura e dunque più pericolosi e più sfuggenti, c'è la vecchia idea che tutti i bambini del mondo sono allevati per ereditare "la scienza" di papà. E dunque: la criminalità è un destino che il bambino rom ritrova in fondo a se stesso come una roccia. E va bene che il bambin Gesù non era rom, ma la chiesa che in Italia fonda la sua forza molto più sull'immagine dolce del bambinello che su quella del crocifisso, potrebbe almeno dire che i bambini non si toccano. La Chiesa sì che può (deve) permettersi i buoni sentimenti. Non era Gesù che voleva che lasciassero i bambini venire a lui? La Chiesa, che punisce e scomunica in materia di sesso e di scienza, perché tollera e accetta le volgarità dei leghisti contro i marginali e contro la gente da marciapiedi, contro i disperati dei semafori e dei campi, contro i loro bambini? La Chiesa, che è l'ecclesia dei naufraghi, dei diseredati e dei dannati della Terra, perché non interviene? Forse perché i bimbi rom non fanno beneficenza come il terribile boss della Magliana Renato De Pedis che - lo ha raccontato mercoledì Filippo Ceccarelli - è stato sepolto nel più esclusivo cimitero del Vaticano, "sarcofago di marmo bianco, iscrizioni in oro e zaffiro, l'ovale della foto" e "un attestato di grande benefattore dei poveri..., che ha dato molti contributi per aiutare i giovani, interessandosi in particolare per la loro formazione cristiana e umana". I bambini rom, non avendo avuto la fortuna di essere educati da quel sant'uomo di De Pedis, sono rimasti ladruncoli e tutti infedeli, mentre Maroni, come De Pedis, si dichiara fervente cattolico. Quando Berlusconi nominò Maroni all'Interno pensammo subito che aveva affidato l'Ordine al Disordine. Il ministero dell'Interno serve a controllare, appunto dall'interno, la tenuta unitaria del Paese contro tutte le cellule disgregative, tanto sociali (delinquenti) quanto politiche (eversori). Ebbene, si sa che la Lega secessionista è una subcultura politica che da più di venti anni attenta, per come può, all'unità del Paese e alla sua legge. Berlusconi, che pensa di essersi liberato del lavoro più sporco affidandolo al suo ministro-mastino, ha in realtà ceduto il controllo dell'eversione all'eversore da controllare. E Maroni, che nella Lega è il più pericoloso perché forse è il meno brutto e il meno ridicolo (ha fatto pure le scuole), sta usando gli aspetti più odiosi del ministero dell'Interno - carcere, manette, impronte digitali - per sollevare nuvole di propaganda, per creare effetti placebo alla paura e alle emergenze sociali, in modo da guadagnare ancor più consenso all'eversione. (27 giugno 2008)