Noi Archeologi ci occupiamo di cose materiali. Sono i Beni Culturali.
Musei, chiese, castelli o piazze che abbiamo abbracciato un mese fa. Beni Culturali che vi faranno uscire domani e domenica per Monumenti finalmente Aperti.
Per il nostro Paese sono un giacimento enorme di opportunità, di crescita culturale, economica, e sociale. Lo abbiamo ereditato dalla nostra storia e noi tutti, come cittadini, abbiamo la grande responsabilità di tramandarlo alle future generazioni. Non c’è persona, dotata di senno, che non dica che sulla valorizzazione di questa immensa ricchezza l’Italia può costruire una strategia di sviluppo sostenibile per l’oggi e per il futuro.
Parte centrale del nostro lavoro è rappresentata dal tempo.
Di ogni oggetto è la prima cosa che ci chiediamo, e ci chiedono, “di quando è? a quale scopo è stato fatto?“
Ma un altro tempo è invece quello in cui siamo costretti a lavorare e a vivere:
il tempo di un domani che non esiste.
Abbiamo lavorato per anni per coloro i quali ci convincono che un po’ di precariato serva, che ci dicono che lo stage è infinito, la pratica, l’esperienza gratuita, sia utile, imprescindibile, che “bisogna farsi le ossa per un futuro”.
Sono tutti giusti parametri, sino a quando non si è abusato.
Si è abusato a tal punto che la nostra professione non esiste, non è mai esistita. Nel paese più ricco al mondo di beni archeologici, storici, artistici, l’archeologo ancora non esiste. Eppure diverse materie sono impartite all’università, esistono i titoli di studio, gli uffici appositi, le pubblicazioni, gli assessorati alla cultura che si occupano di archeologia. Ma gli Archeologi per lo Stato non esistono. Pagano le tasse, ma non esistono. Dove sono? Passano il tempo a costruire la professione… vivono d’aria?
Siamo qua per dire a tutti “Sono un archeologo, e abbiamo tante cose in comune come i diritti calpestati, la precarietà, l’assenza di tutele, con i lavori in nero senza contratto, senza diritti sulla sicurezza sui luoghi di lavoro. Il 70% degli archeologi è donna, ma nel nostro lavoro, non è riconosciuta la maternità, non c’è il congedo parentale (per gli archeologi uomini) e molte di noi lasciano questa professione perché arriva il tempo di decidere se fare la mamma o l’archeologa”.
Bene siamo qui perché vogliamo almeno provare a cambiare questo sistema. Perché: “no hamus istudiadu in debadas” (non abbiamo studiato invano!)
Da un po’ di tempo, abbiamo deciso che l’unico modo per tentare di cambiare le cose era quello di conoscere altri colleghi che si trovavano in questa condizione, ma anche parlare con le altre professioni.
È così che ci siamo resi conto che abbiamo gli stessi problemi degli altri lavoratori, senza aggiungere l’aggettivo precari. Perchè noi non siamo precari, nel senso di indecisi, noi vogliamo fare questo lavoro, abbiamo speso energie, studio e denaro per questo lavoro, e vogliamo solo le possibilità per poterlo fare, ma in un contesto di vita decente.
Abbiamo deciso di costruire una Associazione.
E abbiamo scoperto tramite le regole dure della democrazia, come il dialogo, l’attesa, il lavoro di convincimento, che era necessario prima con noi e poi con la società.
Sino a pochi anni fa come archeologi eravamo debolissimi, tutti con la paura che ognuno portasse via il lavoro dell’altro.
Ma tutti nelle mani dei “padroni” del tempo. Di quelli che sfruttano la tua bravura, la tua passione, ma che purtroppo non ti possono pagare come sarebbe giusto, pur volendo fare (per carità), ma che se tu non accetti, se per caso decidi di pensare con la tua testa o di costruire una vita normale, sarai progressivamente sostituito.
I padroni sono tutti quelli che ti pagano solo simbolicamente, ma che ti convincono che l’obolo acquisito sia come il gettone delle giostre per acquisire poi un posto lassù nel regno dei cieli dei padroni e del posto fisso.
E così ti accorgi che il tempo passa e ti chiederai dove è finito quel futuro.
Si dice che il tempo è denaro, ma il denaro non è tempo. Il tempo è vita. E la precarietà ruba il tempo, cioè la vita. Ruba anche a noi, anche se archeologi e lavoriamo con il tempo.
Noi vogliamo andare verso una vita dove è possibile scegliere dove e come investire il nostro tempo.
I nuovi padroni, quelli contemporanei, sono quelli che hanno rubato il tempo a chi ha creduto nel progressismo di un tempo migliore! Il loro furto è imperdonabile, ingiustificabile!
È talmente grave che è impunibile, perché il tempo non può esserci restituito e la falsa speranza non è risarcibile!
Come Associazione Nazionale Archeologi rifiutiamo una logica “a ribasso” sulla qualità della tutela del patrimonio archeologico.
Abbiamo Abbracciato la Cultura per ricordare all’Italia quello che ha come patrimonio culturale, ma rifiutiamo un sistema che sottoimpieghi gli archeologi, gli storici dell’arte, gli antropologi.
Siamo contro questo sistema che rigetta come inutili i titoli di studio e l’esperienza professionale acquisita. Prospettiamo, invece, un mondo del lavoro in cui sia data la dignità lavorativa e professionale ad ogni archeologo. A ciascuno la prospettiva di una crescita nella professione, in cui siano tutelate e valorizzate le competenze. Una vita in cui ciascun archeologo abbia la possibilità di lavorare al livello che merita in base alle proprie competenze.
Insomma, che abbia una vita decente.
E i passi per fare questo sono chiari:
-Sì all’approvazione di una legge che definisca l’identità e il profilo professionale dell’archeologo all’interno del Codice dei beni culturali o comunque tramite lo strumento legislativo;
-Sì alla creazione di un altro elenco nazionale che comprenda tutti gli archeologi, almeno in possesso del diploma di laurea, che da anni con diverse modalità svolgono questa professione;
-Sì alla cultura della legalità, all’ascolto democratico di tutte le istanze e di tutte le rappresentanze della categoria;
-NO al permanere dell’indeterminatezza dei ruoli, dello sfruttamento degli archeologi da parte di soggetti che ne umiliano competenze e professionalità e ne rendono precaria la condizione
-NO agli incarichi non trasparenti che turbano le regolari dinamiche del mondo del lavoro ed il rapporto con i committenti;
-NO all’ingerenza nelle retribuzioni degli archeologi, la cui definizione spetta ai professionisti e alle associazioni che democraticamente li rappresentano e non certo a gruppi o commissioni unilaterali che non hanno alcuna rappresentatività, conoscenza né competenza in materia.
https://www.youtube.com/watch?v=5Os9Pbk2GNA