Chi guardando gli ultramaratoneti non ha pensato: “Questi son tutti matti, ma chi glielo fa fare?”
Come mai reagiamo così?
Eppure ci sembra normale trascorrere anche dodici ore davanti alla tv, lavorare 14 ore davanti al pc, [attività fisiologicamente improduttiva (la soglia di attenzione ha dei limiti)], sopportare i mal di schiena conseguenti, giustificare la follia del nostro lavoro solo per l’acquisto di abiti, case e auto, per sostenere la spesa di parrucchieri, creme, profumi, massaggi dimagranti, oppure visite mediche specialistiche per porre fine alle conseguenze del nostro star fermi, del nostro immobilismo del benessere. Siamo capaci di sopportare pranzi e cene di lavoro infiniti, urla, l'uso automobile per fare 1 km, il cercare parcheggio anche per un’ora, lo stress,i litigi, le luci artificiali, le spese superflue e inutili, volte a cosa? A presentare i risultati di queste nostre follie moderne a un pubblico che ci plaude per tre minuti. Ebbene tutto questo non è follia?
Dietro un’impresa come la maratona del Sahara ci sono importanti sacrifici.
Ci sono, sì, importanti risultati sportivi, ma incredibili successi umani: c'è un estremo esercizio di forza di volontà! Una dimostrazione di come si cerchi di spingere la propria mente verso l’arrivo, l’arrivo come un aggrapparsi a vivere, la mente che lotta contro la fatica del corpo e vince!
Vince comunque, indipendentemente dalla medaglia, perché arrivare al traguardo dopo aver fatto 232 Km in meno di 24 ore al ritmo di circa 12 Km/h, nel Sahara, come sulle Alpi, è in ogni caso una vittoria.
E non c’è un problema di età (Olmo ha più di 60 anni), di fisicità, di pioggia, di vento, di freddo o di caldo, ma solo di volontà.
Ma forse è proprio follia per noi moderni “pigri da poltrona” che “non abbiamo tempo”, che “facciamo sport nel frenetismo della nostra vita”, che “dobbiamo lavorare”, "che siamo stanchi", che in realtà, riflettiamoci bene, abbiamo altri risultati da raggiungere…
Dietro un così forte sacrificio, non ci sono atleti professionisti che non lavorano o che non hanno una famiglia, anzi hanno delle vite più che normali se paragonate a quelle degli sportivi del jet-set. Dietro un così forte sacrificio non hanno guadagni milionari, non ci sono fotografie con vestiti firmati, non ci sono al fianco bellezze da cartolina, né fiumi di champagne, non c’è ostentazione, non ci sono urla di violenza dietro gli spalti, né contrasti da una scrivania all’altra per chi è più bravo, né sgambetti, non c’è spazio per le aspirazioni di successo, non c’è modo di avere stress, non vi è la necessità del trucco per arrivare primi: la vittoria non è vincere sul prossimo, è vincere con sé stessi, con il proprio io, con le proprie paure. Non vi è un nemico, non è una guerra…è forse soltanto un modo atavico di esercitare uno dei primi istinti umani: muoversi.
La nostra macchina, il nostro corpo non è concepito per star fermo, ma per muoversi…tutto il resto, sono scuse, scuse del nostro modernismo malato, che cerca una perfezione insana e false bellezze.
E se 242 km ci sembrano un’infinità (non sono pochi), iniziamo ossigenando il cervello, alziamoci dalla sedia e …camminiamo anche solo per due Km, ruberemo soltanto mezz’ora alla nostra folle vita seduta, pian piano, riassaporeremo tutto meglio e di più e non avremo necessità di spendere denaro in creme anticellulite... ;)